Dao De Jing

Senza uscire dalla porta di casa puoi conoscere il mondo,
senza guardare dalla finestra puoi scorgere il Dao del cielo.
Più si va lontano, meno si conosce.
Per questo il saggio senza viaggiare conosce,
senza vedere nomina, senza agire compie.
Dao De Jing, Lao Zi

domenica 9 ottobre 2011

Baudolino, Marco Polo e il mitico regno del Prete Gianni

Il libro Baudolino di Umberto Eco è incentrato sulla ricerca, da parte dei protagonisti, del regno del Prete Gianni. Di ambientazione medioevale, a cavallo tra il XII e il XIII secolo il libro narra, attraverso le parole del protagonista Baudolino, con un complesso susseguirsi di flash-back, scenari fantastici e personaggi ora storici ora immaginari: una successione lunghissima di episodi storici e leggende, dalla fondazione di Alessandria all'Italia dei comuni e del Barbarossa; dalla nascita delle università al fantasioso viaggio alla ricerca del mitico Prete Giovanni e del Graal, fino all'assedio ed il saccheggio di Costantinopoli da parte dei crociati nell'anno 1204. Altre avventure sono la creazione della sindone o la morte di Barbarossa annegato durante la crociata. Il romanzo si può considerare un misto di generi, tra il picaresco, il giallo, e il saggio storico.

La seconda parte del libro inizia con la lunga e avventurosa ricerca del regno del mitico Prete Gianni (o prete Giovanni come si preferisce nel romanzo) da parte di Baudolino e i suoi compagni, alcuni suoi amici dai tempi dei comuni studi all'università della Sorbona a Parigi, altri concittadini della neonata Alessandria (non a caso città natale dell'autore, il cui patrono è appunto S. Baudolino).

Sapevano tutti che il prete Giovanni stava ad oriente, ma che per arrivarci ci volevano anni … quattro anni era durato infatti il viaggio di Baudolino: sotto soli infuocati, per lande deserte e sabbiose; talora marciavano spediti per piane erbose o attraversavano massicci:

«che non si poteva neppure riposare sulle pietre perché ci si cuocevano le natiche, le uniche città che avevano incontrato erano fatte di casupole miserabili ed abitate da gente ripugnante come a Colandiofonta dove avevano visto gli artabanti, uomini che camminano proni come le pecore […] Presso le paludi di Cataderse avevano incontrato uomini coi testicoli lunghi fino alle ginocchia e a Necuveran, uomini nudi come bestie selvagge, che si accoppiavano per strada come i cani […] A Tana avevano incontrato gli antropofagi, che per fortuna non mangiavano gli straniere, che gli facevano schifo, ma solo i loro bambini […] A Salibut avevano attraversato un bosco infestato da pulci grosse come le rane, a Cariamaria avevano incontrato degli uomini pelosi che latravano […] e donne con i denti di cinghiale, capelli sino ai piedi e coda di vacca.»

Ma queste erano ancora le terre non selvagge: il bello doveva ancora venire. Prima del Paradiso Terrestre c’era una terra assai selvaggia abitata da bestie feroci. Dovettero poi attraversare la provincia di Abcasia,  una unica immensa foresta dove regnava sempre il buio più profondo, abitata da persone che si orientavano con l’udito e l’odorato. Usciti dalla oscura foresta dopo avere affrontato, non senza perdite, gli assalti di mostri (simili alle tre bestie dantesche: un gatto selvaggio,un mostro dalla testa di leone, il corpo di capra e le terga di un drago ed infine un corpo di leone, la coda di scorpione ed una testa quasi umana con una triplice chiostra di denti) incontrarono il Sambation , il fiume di pietra:

«era un fluire maestoso di massi e di terriccio, che scorreva senza sosta, e si potevano scorgere, in quella corrente di grandi ricce informi, lastre irregolari, taglienti come lame, ampie come pietre tombali e tra l’una e l’altra, ghiaia, fossili, cime, scogli e spuntoni»

Superare il Sambation voleva dire :

«semplicemente che si erano abbandonate le terre conosciute dove erano arrivati i più arditi viaggiatori. E infatti i nostri amici dovettero ancora andare per moli giorni, e per terre accidentate almeno quanto le rive di quel fiume di pietra. Poi erano giunti ad una pianura che non finiva mai. Lontano all’orizzonte si scorgeva un rilievo montuoso abbastanza basso, ma frastagliato di picchi, sottili come dita …»

Qui incontrano Gavagai, lo sciapode [essere con una sola gamba] che farà loro da guida in quello che afferma essere il regno del Diacono Johannes, figlio di Presbyter Johannes. Quando Baudolino e i suoi compagni giungono alla città di Pndapetzim, la capitale del Diacono - dove Baudolino dovrà attendere il permesso di raggiungere l’agognato regno (nel quale però non giungerà mai) - si trovano di fronte al meraviglioso mondo, dei panozi con le orecchie lunghissime, tanto da riuscire a volare se opportunamente addestrati, dei blemmi con la bocca sulla pancia e ad altre mostruosità.

Ma da dove nasce la mitica storia del Prete Gianni?

Fino dal 1165, nel medioevo,si era diffusa una leggenda, che narrava di un «regno meraviglioso», quello del «Presbyter Johannes» che si supponeva situato in un punto imprecisato tra la Babilonia e le Indie o nella regione sino/mongola. In quell’anno un misterioso personaggio che si firmava, appunto, Prete Gianni fece pervenire all'imperatore bizantino Emanuele Comneno una lettera nella quale gli offriva i propri servigi. L’autore della lettera si autoproclamava «Prete Re» e discendente di uno dei tre Re Magi. Questo Gianni - che affermava nella lettera di avere di recente sconfitto i musulmani di Persia - manifestava l’intenzione di ricongiungersi ai cristiani ormai assediati in Gerusalemme dalle truppe del Saladino.

Nella lettera, il Prete Gianni invitava i sovrani d'Europa a fare visita al suo impero, un impero ricco di meraviglie, il più vasto mai conosciuto, sconfinato e pieno di ricchezze inimmaginabili. All’interno del regno del prete Gianni, a parte una incredibile fonte della giovinezza, vi erano innumerevoli meraviglie, fra cui anche isole dove gli abitanti erano nutriti direttamente da Dio attraverso la manna due volte la settimana. Nel regno del Presbyter, ognuno aveva tutto ciò che gli necessitava per vivere, ogni cittadino era libero e ricco e, per non creare enormi differenze sociali, Gianni si faceva chiamare "Prete" piuttosto che "re", pur essendo il più grande sovrano di tutti i tempi, che aveva tra i suoi cittadini anche personaggi per noi fantastici quali sagittari e sirene e razze tra le più disparate. Sebbene Prete Gianni fosse cristiano, all’interno del suo regno erano pochi a seguirne le orme, ma lui lasciava libero il suo popolo di seguire la religione prescelta, senza mai imporsi. In tutto il suo regno c’era pace, ogni cittadino amava l’altro, senza mai cadere nell’adulterio, non vi erano ladri e non esisteva l’invidia, la menzogna era bandita, e se qualcuno mentiva, moriva all’istante. Le guerre erano esclusivamente intraprese a difesa del regno ma, anche se solo a scopo difensivo, l’esercito del Prete Gianni, che egli offriva a salvaguardia della cristianità, dopo aver, a suo dire, già annientato i mussulmani in numerose guerre, era straordinario, composto da migliaia di guerrieri di ogni razza e persino da splendide amazzoni.

Nella prima metà del XII secolo, l’Europa era infatti sotto la minaccia diretta dell’Islam: Vienna era a rischio di assedio e ad occidente gran parte della Spagna era sotto il dominio del Califfato di Cordoba. In poche parole l’orizzonte cristiano non era mai apparso più fosco.

Poi, improvvisamente, nel 1145, si verifica qualcosa che ha proprio l’aspetto del miracolo e si riaccende la speranza di una riscossa: alla corte pontificia romana, il vescovo di Biblo , porta dal Libano una lettera nella quale un certo Giovanni Presbitero parlava di un «...regno cristiano al di là del mare...».

In realtà l’Islam stava vivendo una fase di appannamento politico e, probabilmente niente sarebbe stato più opportuno di una controffensiva massiccia per minarne definitivamente l’alone di onnipotenza che lo aveva coronato dopo la crociata di Riccardo Cuor di Leone. Alla lettera del 1145 però non seguì più alcuna iniziativa, né da parte del fantomatico Gianni, né da parte di altri, così il Saladino concluse la sua «riconquista» nell’indifferenza, o nell’impotenza dei re cristiani.

La storia del medioevo è ricchissima di leggende, di personaggi favolosi e di situazione ai limiti del credibile: tuttavia il Regno misterioso perse ogni possibile contatto con il verosimile ed iniziò a spostarsi prima ad est, verso l’India o la Mongolia poi in Africa (Etiopia?). E fu in qualche modo la fine per Prete Gianni. Questo regno favoloso, tuttavia, affascinò ed ossessionò studiosi, scienziati, letterati, filosofi e regnanti per almeno quattro secoli.

Di coloro che direttamente o indirettamente si occuparono di queste ricerche fece parte anche il nostro Marco Polo e ancora nel XV secolo si coltivava, in maniera quasi ossessiva, la speranza di stabilire un contatto con il presunto alleato cristiano in funzione anti-musulmana.

Solo nel XVI secolo, quando i musulmani furono pesantemente sconfitti a Vienna ed a Lepanto, e la minaccia islamica si cominciò ad allontanare dall’Europa, l’interesse per il Prete Gianni e per il suo introvabile regno cominciò a scemare.

Di fatto il regno mitico di Prete Gianni non è mai stato trovato. Sussistono tuttavia fondate ragioni per credere che non si trattasse di pura fantasia. Vediamo su quali basi.

Si è parlato di un mito le cui origini sarebbero state da attribuirsi ad un certo Ugo di Gebal, un vescovo nestoriano (libanese) che, nel 1145, aveva capeggiato un gruppo di cristiani passati al manicheismo . I nestoriani erano cristiani seguaci del patriarca di Costantinopoli Nestorio: durante le dispute cristologiche del V secolo, i suoi avversari gli attribuirono erroneamente la dottrina - che sostiene che alle due nature, divina e umana, di Cristo corrisponderebbero anche due persone - condannata come eretica dal Concilio di Efeso nel 431 anche se Nestorio mai la sostenne. I suoi sostenitori,esiliati o espulsi dall’impero bizantino, costituirono una Chiesa separata, che si sviluppò in Assiria, in Caldea (la zona del medio e basso corso dei fiumi Tigri ed Eufrate) e in Persia, prevalendo sugli ortodossi e portando nel tempo la loro predicazione fino all'India ed alla Cina.

[vedi anche: Un prete di nome Adamo alla corte dei Tang]

Qualcosa si era verificato in un lontano regno sviluppatosi nelle regioni occidentali della Mongolia Interna. Nell’anno 762 d.C. era stato fondato il Regno dell’Orkhon. Questo regno era passato al manicheismo l’anno successivo, quando il re aveva assunto anche la guida del movimento manicheo. Egli sarebbe divenuto la figura istituzionale di «Prete Gianni» e l’avrebbe trasmessa a propri successori ed eredi. Di questo regno parla Marco Polo ne il Milione.

Una ipotesi è che questo personaggio misterioso fosse Ye-lu Ta-shih della dinastia Liao che ha regnato nella Cina Settentrionale dal 906 al 1125. Essendo stato sconfitto in un conflitto con i coreani, si spostò a ovest con parte della sua tribù, e fondò l'Impero del Kara Khitai, che si estendeva a un tempo dall'Altai al Lago Aral, assumendo il titolo di Korkhan.

I nestoriani qualche tempo mantenevano relazioni con Ye-lu Ta-shih, nemico giurato dei turchi, che nel 1137, aveva sconfitto l'emiro di Samarcanda: insomma i nestoriani forse erano dei rinnegati, forse erano al servizio dei mongoli, ma, si sa, “il nemico del mio nemico è mio amico” e, dunque, l'arrivo di questa lettera diventa un dato certamente positivo per l'occidente crociato, che ha forse trovato un alleato insperato nella lotta continua e sostanzialmente perdente contro l'Islam.

Secondo la narrazione di Marco Polo, in origine i Mongoli sarebbero stati tributari del Prete Gianni temendone la potenza: sembra tuttavia che anche il prete Gianni fosse preoccupato dalla crescente potenza dei Mongoli, tanto da cercare in più di un’occasione di rompere la loro unità cercando di seminare discordia tra le varie tribù. Il tentativo però non era riuscito e i Mongoli si erano sottratti al dominio di Prete Gianni emigrando in massa verso nord.

«Caracom [Karakorum, la prima capitale dell’impero mongolo] è una città che gira tre miglia, nella quale fue il primo signore ch’ebboro i tarteri, quando egli si partirono di loro contrada [le regioni della Manciuria,dove erano stanziato originariamente]. E io vi conterò di tutti i fatti di tarteri e come egliono ebbero signoria, e come egliono si sparsono per lo mondo. … Egli è vero ch’egliono non aveano signore, ma faceano rendita a un signore, che vale a dire in francesco “preste Giovanni” e di sua grandezza favellava tutto il mondo. Gli tarteri gli davano d’ogni bestie l’una. Or venne che gli tarteri moltipricarono molto. Quando preste Giovanni vidde ch’egliono moltipricavano così, pensò ch’egliono lo potessero nuocere e pensò di partirgli per più terre. Adunque mandò de’ suoi baroni per fare ciò; e quando gli tartari viddono quello che ‘l signore volea fare, egli ne furono molto dolenti. Allora partirono tutti insieme e andarono per luoghi deserti verso tramontana, tanto che ‘l preste Giovanni non poteva loro nuocere….»

Nel 1187 Gengis Khan divenne signore dei Mongoli, e iniziò la sua sfida al preste Giovanni

«Ora avvenne che ne’ 1187 anni gli tarteri feciono uno loro re ch’ebbe nome Cinghys Cane. Costui fue uomo di grande valenza e di senno e di prodezza; e si vi dico che, quando costui fu chiamato re, tutti gli tarteri quanti n’erano al mondo, … si vennero a lui e tennonlo per signore … Quando Cinghys si vidde cotanta gente, apparecchiossi con sua gente per andare a conquistare altre terre … Allora mandò suoi messaggi al presto Giovanni e ciò fu ne’ 1200 anni e mandogli a dire che voleva sua figliola per moglie …»

Ovviamente il preste Giovanni considerò questa richiesta un affronto e cacciò gli ambasciatori minacciando di morte Gengis Khan. Ovviamente Gengis rispose con minacce di guerra: i due eserciti si fronteggiarono nei pressi di Tenduc. Intorno al 1200, Gengis Khan avrebbe affrontato il Prete Gianni in una battaglia campale, uccidendolo. Con la scomparsa di Prete Gianni, si sarebbe estinto definitivamente l’ultimo avamposto del manicheismo orientale. Ne il Milione leggiamo che prima dello scontro finale con Gianni, Gengis Khan interrogò i suoi astrologi :

«Fece venire Cinghys i suoi astrolagi cristiani e saracini, e comandò che gli dicessono chi dovea vincere. Gli cristiani feciono venire una canna, e fessorla per mezzo, e dilungarono l’una dall’altra, e l’una missono dalla parte di Cinghys e l’altra dalla parte del Presto Giovanni. E missono il nome del Presto Giovanni sulla canna dal suo lato e il nome del Cinghys in sull’altra, e dissoro: “Qual canna andrà in sull’altra, quegli sarà vincente”, Cinghys Cane disse che questo egli voleva ben vedere, e disse che gliel mostrassero il più tosto che potessero. Quegli cristiani ebbero lo saltèro e lessoro certi versi e salmi e loro incantamenti: allora la canna ove era il nome di Cinghys montò sull’altra: e questo vidde ogni uomo che v’era. Quando Cinghys vidde questo, egli ebbe grande allegrezza, perché vidde gli cristiani veritieri. Gli saracini astrolagi di queste cose non seppero dire nulla […] Appresso quel dì, s’apparecchiano l’una parte e l’altra, e combattonsi insieme duramente […] ma Cinghys Cane vinse la Battaglia e fuvvi morto lo Presto Giovanni, e da quel dì innanzi perdeo sua terra tutta.»

Marco Polo, confermato da Giovanni da Montecorvino, aggiunge che un discendente del Prete Gianni, di nome Giorgio ma che portava lo stesso titolo di Prete Gianni, regnava ancora ai suoi tempi come vassallo del khan mongolo. Il Re Giorgio in Tenduk, che Marco Polo descrive come un successore del Prete Gianni, era davvero un parente di questo Yeliutashe che era rimasto sul trono originale della tribù.

[vedi anche: Frate Giovanni da Montecorvino il primo vescovo di Pechino ]

Era questo Re Giorgio che Frate Giovanni di Montecorvino afferma di aver convertito nel 1292.

Fra Giovanni, si era valso dei privilegi accordatigli dal Khan per dedicarsi con zelo alla predicazione del Vangelo anche tra i membri della famiglia imperiale. Nel suo primo anno di permanenza convertì molti nestoriani, tra i quali Re Giorgio, di Tenduk, una regione della Cina ed ivi riuscì a costruire una grande chiesa in onore della SS. Trinità. Re Giorgio ricevette gli ordini minori e diede esempio a tutti servendo le sacre funzioni all'altare. Questo Re morì due anni dopo, nel 1296, e lasciò al trono il figlioletto di 9 anni, battezzato con il nome di Giovanni, in onore dell'amico missionario.

«Tenduc è una provincia verso levante, ove hae cittadi e castella assai, e sono al Gran Cane, e sono discendenti del preste Giovanni. la mastra cittade è Tenduc e di questa provincia è re un discendente dal legnaggio del preste Giovanni e ancora si è preste Giovanni e suo nome si è Giorgio. Egli tiene la terra per lo Gran cane, ma non tutta quella che teneva lo preste Giovanni, ma alcuna parte di quelle medesime; e si vi dico che tuttavia il Gran cane ha date di sue figliole e di suoi parenti per moglie a questo re, discendente del preste Giovanni … La terra tengono gli cristiani … Egli sono gli più bianchi uomeni del paese e’ più belli … e sappiate che questa provincia era la mastra sedia del preste Giovanni quando egli signoreggiava i tarteri …»

Gli studiosi contemporanei sono indubbiamente meno entusiasti e sono piuttosto propensi a credere che la lettera di Prete Gianni fosse letteralmente una bufala, una operazione propagandistica architettata da Federico Barbarossa. Egli avrebbe elaborato liberamente a vantaggio della propria politica imperialistica diversi elementi della letteratura antica, oltre che dei bestiari medioevali. Lo scopo si dice fosse quello di contrastare lo strapotere della Chiesa romana scuotendo lo spauracchio di un alleato, potente quanto immaginario, ad Oriente.

Tuttavia non bisogna sottovalutare la possibilità che la lettera attribuita al Prete Gianni sia in realtà autentici e che Prete Gianni debba essere ricondotto al "Presto Giovanni" di cui parla Marco Polo.

Bibliografia

Le citazioni sono riportate da:

Umberto Eco, Baudolino, Tascabili Bompiani, 2010
Marco Polo, Il Milione, BUR, 1995

Il materiale dell’ articolo è stato tratto dai seguenti siti web:

http://it.wikipedia.org/wiki/Baudolino
http://it.wikipedia.org/wiki/Prete_Gianni
http://www.instoria.it/home/prete_gianni.htm
http://www.edicolaweb.net/arca008r.htm
http://www.provincia.ps.it/behaim/pretegianni.htm
http://forum.politicainrete.net/esoterismo-e-tradizione/61068-cercando-il-regno-del-prete-gianni.html#post1900464

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